domenica 29 giugno 2014

Cinema e cucina





Un buffet ricco di pietanze e dolci prelibati che 

salta in aria durante un ricevimento, ma in realtà

erano di gesso e decorati con una sac à poche. 

Un uomo a cui il violento morso di un cane porta 

via un dito, ma, per sua fortuna, era solamente 

fatto di un impasto a base di wurstel. E ancora un 

servo che, durante uno sfarzoso banchetto nella 

Roma imperiale, apre in due una grassa anatra da 

cui fuoriescono, sgusciando, delle anguille, ma 

erano già state cucinate. Sono solamente alcuni 

dei tanti espedienti e trucchi cinematografici ideati 

dallo chef Fabio Campoli, chiamato dalle grandi 

produzioni, ad allestire i set che hanno per 

protagonista, la cucina e il cibo. 


Un esempio la ricetta dell’anatra farcita con anguille e alloro, tipico piatto di Roma antica, costata un mese di prove  e per la quale e' stato speso un capitale. "Durante un banchetto uno schiavo doveva aprire l’anatra dalla quale fuoriuscivano poi delle anguille vive..  Poiché l’anatra ha la cassa toracica piccola, e' stata scelta una tacchinella. Tagliata in due da dietro, svuotata e cotta con dell’ovatta all’interno, e poi ricucita sempre da dietro. Di tutte le anguille comprate, solamente due non sono state cucinate per far sì che, una volta aperto in due l’animale, spingessero in fuori anche quelle cucinate dando l’idea di essere tutte vive”. Una cosa e' certa, Fabio Campoli, grazie alla sua formazione televisiva e al ricco bagaglio di esperienze accumulate in oltre quindici anni di apparizioni in televisione, radio e giornali, è oggi il meglio come riferimento per il cinema nel food design. 

Tratto da: http://www.araldodellospettacolo.it/





lunedì 23 giugno 2014

La cucina nel teatro napoletano

La cucina nel teatro napoletano

(da http://www.portanapoli.com/)
Da sempre nella lunga storia dello spettacolo c’è 
stato un forte connubio tra cibo e teatro. Infatti
 già durante l’epoca romana le manifestazioni 
teatrali avvenivano di continuo durante 
particolari feste: ora religiose, ora profane, 
ora dinastiche, ora orgiastiche, fino a giungere
all’era umanistica-rinascimentale ove il 
teatro era associato alla festa carnascialesca
o ad una rappresentazione di regime e potere
(stiamo parlando del teatro cortigiano diffusosi 
in tutte le Corti degli Stati Italiani, e trattasi di 
uno spettacolo allestito per volere del principe, 
il quale durante l’esibizione di danze e 
musiche predisponeva in una sala della sua
corte un lauto ricevimento, come documentazione
esemplare del proprio potere). Quindi lo spettacolo
fin dalla notte dei tempi è stato affiancato a ricchi 
e abbondanti banchetti.


  


Osservando Pulcinella, antica maschera napoletana
nata durante l’epoca della Commedia dell’Arte, è 
evidente questo forte connubio tra cibo e teatro. 
Polecenella ama mangiare, egli è alla continua ricerca 
di cibo, avverte incessantemente un gran bisogno di 
sfamarsi. Il cibo è per lui una vera e propria fissa, 
difatti la sua principale paura è proprio quella di 
rimanere digiuno. Nella tradizione napoletana e 
nell’immaginario collettivo la nostra maschera è 
spesso raffigurata in dipinti, riquadri, affreschi, 
sculture, statuette con cibi appetitosi, spaghetti, 
tazzine di caffè, frutta e varie vivande legate al 
costume meridionale e napoletano. Ciò spiega 
come il furbo servo, vivendo alla giornata sfrutta 
tutta la sua astuzia per procurarsi un “tozzo di pane”.

 

Ancora possiamo ricordare gli spettacoli rappresentati
a Napoli nei cafè-chantant di inizio ‘900, ricchi 
di musica, comicità, balletti, gags, di intrattenimento 
con degustazioni, con drink e bevande. Gli spettatori
avevano dunque la possibilità di gustare cibo e 
godersi un “teatro” inteso come occasione di svago
e di divertimento ammirando illustri artisti, tra cui 
ricordiamo il Nostro Raffaele Viviani, i fratelli De Filippo
e il grande Toto'.


 

martedì 17 giugno 2014

Cucina e narrativa















Il cibo e la cucina si ritrovano spesso nei romanzi. Tanti autori famosi se ne occupano quando mettono a tavola i loro personaggi. Questa e' la descrizione del coniglio al vino rosso che fa Hemingway nel libro "Per chi suona la campana": "La pietanza era un coniglio cotto con cipolla e peperoni verdi e, nella salsa al vino rosso, nuotavano dei piselli. Era cucinata bene, la carne si staccava dalle ossa e la salsa aveva un sapore delizioso".
                                            

                                                  

Altra citazione gastronomica dal romanzo di James Joyce "Ulisse" che descrive i gusti molto poco eleganti del personaggio Leopold Bloom: "Mr. Leeopold Bloom mangiava con gran gusto le interiora di animali e di volatili. Gli piaceva la spessa minestra di rigaglie..un cuore ripieno arrosto, fette di fegato impanato e fritto, uova di merluzzo fritte. Piu' di tutto gli piacevano i rognoni di castrato alla griglia che gli lasciavano nel palato un fine gusto d'urina leggermente aromatica" . 
                                             

                                

                                     

Termino con una citazione gastronomica e romantica insieme, tratta dal libro "Giorni di zucchero, fragole e neve" di Sarah Addison Allen che unisce i baci a  zucchero e torte: "E' stato il miglior primo bacio nella stoira dei primi baci. E' stato dolce come lo zucchero. Ed e' stato caldo, caldo come una torta. Il mondo intero si e' aperto e io ci sono caduta dentro..". 
                        


Alla prossima!
                        


sabato 24 maggio 2014

La cucina povera di Napoli



Tante sono le ricette tipiche della "Cucina Povera Napoletana", arricchite da particolari inediti e curiosi. Oggi vi propongo queste:

Pasta e fagioli “ Munnezzaglia” 
   Si pongono i fagioli cannellini, che saranno stati gia molte ore a bagno, per ammorbidirsi, in molta acqua, con aglio, del sedano a pezzi, del prezzemolo, de sale, dei pomodorini tagliati. A mezza cottura si versa aggiunge la pasta “Munnezzaglia” (la plebe napoletana usa questo tipo di pasta che e composta da frammenti di differenti qualità di pasta e perciò più economica). Si condisce con una certa quantità di olio. Ne viene fuori una minestra densa. Si aggiunge pepe nero macinato, e, nel piatto un po’ d’olio crudo. I vecchi popolani d una volta, solevano mangiare questa minestra non con il cucchiaio ma usando al posto di questa posata delle sfoglie di grosse cipolle secche che venivano, ovviamente, sgranocchiate insieme al loro contenuto

Pizze ogge a otto 
   Pizze fritte dette in questo modo, perchè il meno abbiente popolo napoletano di un tempo, le pagava otto giorni dopo averla mangiate. Un modesto piatto a credito di gente di un tempo semplice e felice.

Insalata di rinforzo
  Ricetta tipica, un piatto che si prepara la Vigilia di Natale a base di cavolo, pappaccella (un tipo di peperone dolce), olive e sottaceti, alici e scarola riccia , il tutto condito con olio, aceto e sale. Il nome deriva dal fatto che quest'insalata serviva di rinforzo a una cena povera allestita per le feste.

La Minestra Mmaritata
   Questa minestra era il classico « pignatto grasso » o minestra maritata. Fu una delle tipiche pietanze dei nopoletani che la mangiavano quasi quotidianamente, tanto da fargli meritare l’appellativo di “mangiafoglie“, in seguito sostituito da « mangiamaccheroni ». Quasi certamente essa e una derivazione dell’« olia podrida » spagnuola, uno minestra composta appunto da varie qualità di carni. La pietanza fu apprezzata e lodata fin dal ’500 da G. B. del Tufo; V. Corrado, nel « Cuoco Galante » la chiama « potaggio di broccoli », Ippolito Cavalcanti la riporta tra le sue ricette semplificando la preparazione. Comunque essa resta ancora uno tra i piatti prediletti dei nostalgici buon gustai della tradizionale cucina partenopea. Perchè maritata? si chiederà il nostro lettore. Proprio per un salsicciotto « sauciccione » messo per intero tra le altre carni con le quali si maritava...

sabato 17 maggio 2014

Napoli e la pizza



La cucina napoletana ha radici storiche che risalgono al periodo greco-romano, e si è arricchita nei secoli con l'influsso delle differenti culture che si sono susseguite durante le varie dominazioni della città. La cucina di Napoli ha acquisito anche gran parte delle tradizioni culinarie dell'intera Campania, raggiungendo un giusto equilibrio tra piatti di terra (pasta, verdure, latticini) e piatti di mare (pesce, crostacei, molluschi). A seguito delle varie dominazioni, principalmente quella francese e quella spagnola, si è delineata la separazione tra una cucina aristocratica ed una popolare. La prima, caratterizzata da piatti elaborati e di ispirazione internazionale, come i timballi o il sartù di riso, mentre la seconda legata ad ingredienti della terra: cereali, legumi, verdure, come la popolare pasta e fagioli
                                                                                                                                                       
  
Ma la regina della cucina napoletana rimane sempre la pizza e della pizza si parla nel libro di Tommaso Esposito: "'A pizza, viaggio nella canzone napoletana" in cui viene fuori l'accurata ricerca che l'autore ha effettuato girando per l'italia documentandosi tra pubblicazioni e libri. Tra i numerosi pezzi dedicati all'argomento pizza , il piu' antico risale al 1500.Non mancano episodi inediti e testimonianze storiche come quella di Pietro Colicchio, pizzaiolo fornitore di Palazzo Reale nel 1800, ai tempi del Regno delle due Sicilie, dell'omaggio a Sophia Loren, pizzaiola nel film "L'oro di Napoli",di varie edizioni di Piedigrotta e a di tanti altri eventi con la pizza come protagonista.
                                                                                                                                                      

 


     





lunedì 5 maggio 2014

Foto e cucina






Il Guardian ha premiato "Le piu' belle foto di cibo di tutto il mondo". Dalla preparazione dei noodle al pollo arrosto e a tanto altro insieme a scatti che immortalano  scene di sporcizia e degrado. In giuria gli chef Angela Hartnett e Yotam Ottolenghi, i fotografi Martin Parr e David Loftus, lo scrittore Jay Rayner.

La vincitrice e' Tessa Bunney che ha ottenuto il tirolo di "Pink Lady food photographer" dell'anno. Tra gli italiani, Sandro Maddalena per la foto di una porcilaia egiziana.

Ecco la foto di Tessa Bunney, una donna che prepara i noodle nella Repubblica Popolare del Laos:



Sempre a proposito di cibo e fotografia, Jessica Dance e il fotografo David Sykes hanno realizzato dei piatti "a maglia", lanciando una nuova moda su internet. Ecco qua due esempi delle loro creazioni:




Jessica Dance e il fotografo David Sykes hanno realizzato dei piatti realizzati a maglia e lanciano una nuova moda in rete. Qui le loro creazioni

Uhm....e dopo il cibo fatto a maglia si rischia di mangiare ...

Carta..





Penne..



e pure portachiavi!!



Nooooo.....








domenica 27 aprile 2014

Alexandre Dumas e la cucina






Oggi vi parlero' di un libro di cucina scritto da uno dei piu' grandi romanzieri francesi: Alexandre Dumas padre, famoso soprattutto per essere l'autore di: "Il conte di Montecristo" e "I tre moschettieri". Il libro e': "IL GRANDE DIZIONARIO DI CUCINA".

Il grande dizionario di cucina

«Alexandre Dumas era un gran mangiatore, così come era un grande narratore - scrivevano Leconte de Lisle e Anatole France nella nota introduttiva alla pima edizione del 1873 di questo monumento letterario e storico alla civiltà gastronomica di Francia. Dumas, opportunamente definito "una forza della natura", produceva molto e spendeva molto. Mai un uomo viaggiò, realizzò, scrisse più di lui; mai più solida ossatura sostenne mente più feconda. Un uomo simile dovette istintivamente pensare a quel che un eccellente scrittore chiama "il sistema di alimentazione necessario alle creature d'élite". Ci si può convincere leggendo i Mémoires di Alexandre Dumas e le Impressions de voyage che egli strinse ben presto un'alleanza con la tavola. I suoi giri in Europa lo familiarizzavano con le preparazioni esotiche. Non c'è da stupirsi che abbia pensato di riunire, a beneficio del pubblico, le nozioni acquisite nel corso di una vita così attiva, brillante e celebrata. Quest'idea assunse una forma precisa negli ultimi anni della sua vecchiaia. Voglio concludere, diceva spesso, la mia opera letteraria in cinquecento volumi con un libro di cucina. Nel corso dell'anno 1869 scrisse ilGrand dictionnaire de cuisine. Il manoscritto fu consegnato al suo editore e amico Alphonse Lemerre, nel mese di marzo 1870». Dumas morì nello stesso anno e il dizionario fu pubblicato postumo.