lunedì 4 agosto 2014

Salvia ripiena

SALVIA RIPIENA FRITTA O AL FORNO

Eccovi una ricettina favolosa presa dal web per fare la salvia fritta o al forno
ripiena! Naturalmente dovrete utilizzare solo quelle foglie giganti che crescono in orti e 
giardini (nel mio al lago ci sono!).


Ingredienti:
  • foglie grandi di salvia  in numero pari,
  • prosciutto cotto,
  • parmigiano a scaglie,
  • farina,
  • uovo,
  • pane grattugiato.
  • olio di arachidi per friggere.
lavare le foglie e farle asciugare, appoggiare sul rovescio della foglia prosciutto cotto, scaglie di parmigiano prosciutto cotto e coprire con il rovescio dell’altra foglia. Procedere all'impanatura nel solito modo: farina, uovo, pane grattugiato. A questo punto se volete friggere scaldate abbondante olio di arachidi e fatelo, tanto lui lì rimane. Se non volete friggere, foderate il fondo di una pirofila con carta forno, appoggiate le vostre sarde/orate, versate sopra ognuna qualche goccia d’olio evo ed infornate a 180°C. per 15 minuti, trascorso questo tempo giratele e cuocetele altri 15 minuti. 






Fritte

 

Al forno





domenica 3 agosto 2014

I Ponti di Madison County



 I Ponti di Madison County e' un libro e un film da ricordare soprattutto per i magnifici interpreti Meryl Streep e Clint Eastwood.

Il film narra della storia d'amore tra Francesca , una casalinga quarantacinquenne di origini italiane, e Robert , un fotografo cinquantaduenne. La storia viene narrata attraverso i diari della donna, lasciati in eredità ai suoi due figli, ai quali decide di raccontare il tradimento compiuto verso il loro padre, affinché la possano conoscere e comprendere intimamente. Francesca e Robert si conoscono in un momento in cui la famiglia di lei è fuori città per alcuni giorni, e tra i due si crea subito una forte alchimia: dopo il primo giorno trascorso insieme, sembra quasi che non riescano a separarsi. Nascerà presto un rapporto intensissimo che durerà però solo quattro giorni. Il quarto giorno Robert le chiede di lasciare tutto ed andare via con lui. Posta dinanzi alla scelta di dover lasciare la propria famiglia e una vita scontata e monotona per rifarsi una vita finalmente appagante con l'uomo che, per la prima volta, aveva saputo esaltarne interiorità e sensualità, lei, con grande tormento, non riesce a slegarsi dalla famiglia e ripiega mestamente sull'esistenza di sempre. 

Un dettaglio gastronomico non di poco conto nel film, quando Francesca invita a cena Robert e cucina per lui un piatto della sua infanzia: il minestrone di verdure. 

   

A questo proposito, lo scrittore J. Waller nel romanzo omonimo da cui e' tratto il fim dice: "Avviluppava la stanza una sensazione di tranquilla intimita', stimolata in qualche modo da quelle semplici operazioni di cucina..al posto di una sensazione di estraneita' subentrava l'intimita'."







martedì 22 luglio 2014

La cucina di montagna



Oggi vi presento un libro molto interessante: "La cucina di montagna" di Francesca Negri edito da Ponte alle Grazie. La cucina di montagna e' anche un attualissimo esempio da conoscere e imitare per la sua semplicita' e sostenibilita'. Prima di tutto pero', come spiega Francesca Negri, bisogna sfatare i luoghi comuni che la bollano come monocorde ed essenzialmente grassa.




A dimostrazione della propria tesi, in un trekking d’alta quota dalla Valle d’Aosta alla Calabria e alle Isole, l’autrice ha selezionato 315 ricette tra cui spiccano famosi classici e vere e proprie chicche, riunendo per la prima volta in un solo volume il più ampio ed esaustivo repertorio della cucina di montagna italiana. Un patrimonio trasmesso perlopiù per discendenza familiare, sempre caratterizzato dall’esaltazione dei sapori e degli ingredienti del territorio ma anche sorprendentemente ricco di sfumature: perché la cucina di montagna è anche cultura di confine, portatrice di influssi provenienti da altri Paesi e civiltà.



Raccontandone origini e storia, questo libro ci porta alla scoperta delle minoranze linguistiche – dai Walser ai Cimbri, dai Mòcheni ai Sappadini, alle popolazioni germanofone dell’Alto Adige e del Friuli – e delle loro tradizioni a tavola, che tanto hanno influenzato il patrimonio enogastronomico tradizionale italiano. 



Alcune "gustose" curiosita': in montagna, e soprattutto nel periodo dell’alpeggio, erano molto apprezzati i fiori del trifoglio alpino, carnosi e dolci, ottimi passati in pastella e fritti, deliziosi se aggiunti a fine cottura nelle minestre di erbe miste oppure in quelle di riso e latte. Riso, latte e patate erano gli ingredienti base della minestra con la viola del pensiero: un pugno di petali aggiunti all’ultimo momento trasforma un’ordinaria ricetta in un piatto ricco di eleganti sfumature. Le fragili corolle dei fiori di primula, i capolini delle margheritine o i cerulei fiori della borragine facevano invece parte degli ingredienti tradizionali delle frittate d’erbe e delle tenere insalate primaverili. 









giovedì 10 luglio 2014

E' chimica e non magia




La chimica e la fisica sono discipline scientifiche che ci permettono di conoscere la materia e le sue trasformazioni e la cucina rappresenta l’arte di trasformare gli alimenti. Anche il semplice taglio della verdura può indurre reazioni chimiche. La cottura è un fenomeno chimico poiché cambiano il colore, la consistenza, l’odore e il sapore. La maionese è un fenomeno fisico, l’emulsione: le molecole d’olio e d’acqua, inizialmente separate, si riorganizzano in una dispersione di gocce d’olio e d’acqua legate dalle proteine dell’uovo. 

 

Da sempre la scienza e' entrata in cucina, attraverso la trasformazione e la manipolazione dei cibi. La cottura e' un fenomeno fisico e l'abbinamento dei prodotti mira a ottenere un sapore che deve, chimicamente, stimolare le nostre famose papille gustative.  



Un esempio pratico? Chi non e' ammattito in cucina dietro ad un souffle'? Ebbene, non e' l'aria a gonfiare il souffle' bensi' l'evaporazione dell'acqua contenuta nel latte o nelle uova dell'impasto. Non solo. Quanto puo' gonfiarsi un souffle'? Un modello termodinamico spiega che la temperatura del souffle' e' circa pari a quella del forno sulla crosta e sul fondo dello stampo, diminuendo al centro.






Pero'..meno male che non serve saperne di scienza e chimica per cucinare bene, si puo' farlo anche da...analfabeti! :-)






domenica 29 giugno 2014

Cinema e cucina





Un buffet ricco di pietanze e dolci prelibati che 

salta in aria durante un ricevimento, ma in realtà

erano di gesso e decorati con una sac à poche. 

Un uomo a cui il violento morso di un cane porta 

via un dito, ma, per sua fortuna, era solamente 

fatto di un impasto a base di wurstel. E ancora un 

servo che, durante uno sfarzoso banchetto nella 

Roma imperiale, apre in due una grassa anatra da 

cui fuoriescono, sgusciando, delle anguille, ma 

erano già state cucinate. Sono solamente alcuni 

dei tanti espedienti e trucchi cinematografici ideati 

dallo chef Fabio Campoli, chiamato dalle grandi 

produzioni, ad allestire i set che hanno per 

protagonista, la cucina e il cibo. 


Un esempio la ricetta dell’anatra farcita con anguille e alloro, tipico piatto di Roma antica, costata un mese di prove  e per la quale e' stato speso un capitale. "Durante un banchetto uno schiavo doveva aprire l’anatra dalla quale fuoriuscivano poi delle anguille vive..  Poiché l’anatra ha la cassa toracica piccola, e' stata scelta una tacchinella. Tagliata in due da dietro, svuotata e cotta con dell’ovatta all’interno, e poi ricucita sempre da dietro. Di tutte le anguille comprate, solamente due non sono state cucinate per far sì che, una volta aperto in due l’animale, spingessero in fuori anche quelle cucinate dando l’idea di essere tutte vive”. Una cosa e' certa, Fabio Campoli, grazie alla sua formazione televisiva e al ricco bagaglio di esperienze accumulate in oltre quindici anni di apparizioni in televisione, radio e giornali, è oggi il meglio come riferimento per il cinema nel food design. 

Tratto da: http://www.araldodellospettacolo.it/





lunedì 23 giugno 2014

La cucina nel teatro napoletano

La cucina nel teatro napoletano

(da http://www.portanapoli.com/)
Da sempre nella lunga storia dello spettacolo c’è 
stato un forte connubio tra cibo e teatro. Infatti
 già durante l’epoca romana le manifestazioni 
teatrali avvenivano di continuo durante 
particolari feste: ora religiose, ora profane, 
ora dinastiche, ora orgiastiche, fino a giungere
all’era umanistica-rinascimentale ove il 
teatro era associato alla festa carnascialesca
o ad una rappresentazione di regime e potere
(stiamo parlando del teatro cortigiano diffusosi 
in tutte le Corti degli Stati Italiani, e trattasi di 
uno spettacolo allestito per volere del principe, 
il quale durante l’esibizione di danze e 
musiche predisponeva in una sala della sua
corte un lauto ricevimento, come documentazione
esemplare del proprio potere). Quindi lo spettacolo
fin dalla notte dei tempi è stato affiancato a ricchi 
e abbondanti banchetti.


  


Osservando Pulcinella, antica maschera napoletana
nata durante l’epoca della Commedia dell’Arte, è 
evidente questo forte connubio tra cibo e teatro. 
Polecenella ama mangiare, egli è alla continua ricerca 
di cibo, avverte incessantemente un gran bisogno di 
sfamarsi. Il cibo è per lui una vera e propria fissa, 
difatti la sua principale paura è proprio quella di 
rimanere digiuno. Nella tradizione napoletana e 
nell’immaginario collettivo la nostra maschera è 
spesso raffigurata in dipinti, riquadri, affreschi, 
sculture, statuette con cibi appetitosi, spaghetti, 
tazzine di caffè, frutta e varie vivande legate al 
costume meridionale e napoletano. Ciò spiega 
come il furbo servo, vivendo alla giornata sfrutta 
tutta la sua astuzia per procurarsi un “tozzo di pane”.

 

Ancora possiamo ricordare gli spettacoli rappresentati
a Napoli nei cafè-chantant di inizio ‘900, ricchi 
di musica, comicità, balletti, gags, di intrattenimento 
con degustazioni, con drink e bevande. Gli spettatori
avevano dunque la possibilità di gustare cibo e 
godersi un “teatro” inteso come occasione di svago
e di divertimento ammirando illustri artisti, tra cui 
ricordiamo il Nostro Raffaele Viviani, i fratelli De Filippo
e il grande Toto'.


 

martedì 17 giugno 2014

Cucina e narrativa















Il cibo e la cucina si ritrovano spesso nei romanzi. Tanti autori famosi se ne occupano quando mettono a tavola i loro personaggi. Questa e' la descrizione del coniglio al vino rosso che fa Hemingway nel libro "Per chi suona la campana": "La pietanza era un coniglio cotto con cipolla e peperoni verdi e, nella salsa al vino rosso, nuotavano dei piselli. Era cucinata bene, la carne si staccava dalle ossa e la salsa aveva un sapore delizioso".
                                            

                                                  

Altra citazione gastronomica dal romanzo di James Joyce "Ulisse" che descrive i gusti molto poco eleganti del personaggio Leopold Bloom: "Mr. Leeopold Bloom mangiava con gran gusto le interiora di animali e di volatili. Gli piaceva la spessa minestra di rigaglie..un cuore ripieno arrosto, fette di fegato impanato e fritto, uova di merluzzo fritte. Piu' di tutto gli piacevano i rognoni di castrato alla griglia che gli lasciavano nel palato un fine gusto d'urina leggermente aromatica" . 
                                             

                                

                                     

Termino con una citazione gastronomica e romantica insieme, tratta dal libro "Giorni di zucchero, fragole e neve" di Sarah Addison Allen che unisce i baci a  zucchero e torte: "E' stato il miglior primo bacio nella stoira dei primi baci. E' stato dolce come lo zucchero. Ed e' stato caldo, caldo come una torta. Il mondo intero si e' aperto e io ci sono caduta dentro..". 
                        


Alla prossima!